Apple ha sospeso la vendita di tutti i suoi prodotti in Russia.
Ikea ha annunciato la sospensione di tutte le attività in Russia e Bielorussia e la donazione di circa 37 milioni di euro per aiutare le popolazioni in fuga dall’Ucraina.
Stessa decisione per H&M che, in questi giorni, ha ufficializzato lo stop alle vendite nel Paese (per importanza, il suo sesto mercato).
Netflix, invece, ha fatto sapere di aver sospeso tutti i suoi progetti futuri sulla Russia, tra i quali 4 serie originali russe in produzione.
Sospese le uscite nei cinema russi delle grandi produzioni americane Warner Bros, Disney e Sony.
Anche Lego ha interrotto i rapporti con Mosca. L’azienda danese famosa in tutto il mondo per i suoi mattoncini ha sospeso le consegne ai suoi 81 negozi in Russia.
Adidas sponsor tecnico della Nazionale russa, ha invece sospeso la sua partnership con la Federcalcio russa.
Mercedes, Ford, Bmw, Toyota e Volkswagen hanno fermato e chiuso gli stabilimenti in Russia fino a data da destinarsi. Honda e Mazda hanno stoppato le forniture di auto e pezzi di ricambio in Russia.
La compagnia di trasporti Dhl ha sospeso i servizi di consegna in Russia e Bielorussia.
Shell, multinazionale petrolifera britannica, ha comunicato la fine della partnership con Gazprom, gigante del gas russo controllata dallo stato.
Anche Eni si è defilata da una partnership con Mosca.
Pura solidarietà all’Ucraina? Certo che no.
A monte della ritirata dei grandi brand ci sono anche (in alcuni casi soprattutto) i gravi risvolti economici e produttivi che ne seguiranno.